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L'UOMO E IL SUO AMBIENTE:
"SOCIETÀ DEI CONSUMI"
O
"SOCIETÀ DEI; RIFIUTI ?"

Prof. Giorgio NEBBIA

22 novembre 2002
Il modo di ragionare di alcuni riflette un diffuso pensiero:

il possesso di beni materiali è liberatorio;
la produzione di beni materiali tiene in vita il progresso e
assicura ad un crescente numero di persone un salario con cui comprare più merci.
Proverò a rispondere con una parabola. C'è un pascolo, grande ma non illimitato, ricco di erba e attraversato da un ruscello con le acque limpide; il pascolo non ha un padrone e chiunque può accedervi.
Un pastore porta a pascolare cinque mucche che trovano erba abbondante e acqua limpida da bere; gli escrementi delle mucche finiscono nel terreno e restituiscono le sostanze nutritive che saranno necessarie per la crescita dell'erba l'anno dopo. Il pastore è contento perché vende con profitto carne e latte; le mucche sono contente perché hanno avuto cibo e acqua; il pascolo è contento perché può produrre, l'anno dopo, nuova abbondante erba; il ruscello è contento perché alla fine della stagione le sue acque sono ancora limpide e incontaminate.
Visto che le cose sono andate così bene, il pastore, l'anno dopo, porta al pascolo venti mucche, anziché cinque; e anche quell'anno le cose vanno bene. Altri pastori, ammirato il successo del primo loro collega, nel terzo anno portano anch'essi venti mucche ciascuno allo stesso pascolo. Ma ecco che l'eccessiva presenza di mucche fa sì che pastori e mucche devono litigare per contendersi un pezzo di pascolo (l'avidità come fonte di conflitti), l'erba originariamente abbondante del pascolo difficilmente riesce a sfamare tante mucche; gli escrementi, che quando si trattata di cinque o venti mucche, venivano assimilati dal terreno e portati via delle acque del ruscello, adesso non riescono ad essere assorbiti dal terreno e ristagnano in pozze puzzolenti, tanto più che il calpestio degli zoccoli indurisce il terreno e distrugge l'erba e la capacità di filtrazione del suolo; i rifiuti ed escrementi di tante mucche finiscono nelle acque del ruscello che, così contaminato, non è in grado di dissetare tutte le mucche.
Alla fine del terzo anno di pascolo le mucche di tutti sono macilente, danno poco latte e cattiva carne e la speranza di alti profitti per tutti va delusa; non solo, la fertilità del pascolo e la limpidezza delle acque del ruscello sono compromesse per sempre e per tutti gli avidi pastori, presenti e futuri.
A questo punto può succedere di tutto; i pastori si uccidono per assicurare almeno ad alcuni un pezzo di pascolo, oppure diventano poveri tutti. I pastori non sono cattivi, né malvagi, ma operano secondo le regole correnti di quella che lei chiama "economia". Con l'unico inconveniente che questa "economia" si scontra con le leggi fisiche e inviolabili della limitatezza delle risorse naturali, siano esse acqua, campi fertili, foreste, minerali, fonti energetiche.
Gli studiosi di ecologia --- della scienza ecologica, non delle chiacchiere ecologiche salottiere --- spiegano che il pianeta Terra ha una capacità ricettiva limitata, per cui uno spazio fisicamente limitato può ospitare un numero limitato di esseri viventi, di esseri umani, di beni, di edifici, strade, macchinari, eccetera. Se tale capacità ricettiva viene superata, non per malvagità, ma perché le regole dell'"economia" stabiliscono che è doveroso ed è bene possedere, "consumare", più cose, la natura si ribella sotto forma di inquinamenti, alterazioni climatiche, scarsità di acque e di fonti di energia, frane e alluvioni e gli esseri umani possono contendersi le risorse scarse soltanto con conflitti, con guerre, con la violenza.
Mi fermo soltanto sulla domanda che diverse persone pongono: "Chi potrebbe stabilire una volta per tutte una soglia di appagamento?".

Ma questo è proprio quello che fanno i governi che operano "pro bono publico". È un lodevole diritto quello di fumare perché si stimola la coltivazione del tabacco, la produzione di sigarette, il consumo di sigarette, si stimola la ricerca di sigarette migliori; ma ad un certo momento nasce una domanda anti-consumistica di un diritto a non essere avvelenati dal fumo e addirittura di impedire che altre persone si avvelenino col fumo, e questa domanda di nuovi diritti trova, sia pure lentamente, una risposta in leggi che limitano il consumo di sigarette.
È un lodevole diritto possedere una automobile ed usarla, e spostarsi con l'automobile, perché lavorano le industrie, si stimolano i commerci e l'economia; ma ad un certo punto ci si accorge che le strade, che hanno una capacità ricettiva limitata, non ce la fanno più a sopportare il traffico o le automobili in sosta, l'inquinamento dell'aria e vengono emanate leggi anti-consumistiche che limitato l'accesso nelle città, la velocità sulle strade, eccetera, tutte forme di limitazione della libertà.
Finora ho ragionato come una persona qualunque che si interroga sui problemi dell'economia, della Terra, delle persone, dei diritti. Ma per un credente c'è, a mio parere, un'altra lettura. La moltiplicazione dei consumi, della produzione di merci, dello sfruttamento delle limitate risorse naturali è una forma di violenza verso il prossimo. Se alcuni hanno di più, tolgono ad altri il diritto di soddisfare i propri bisogni anche elementari.
Se gli attuali 6200 milioni di persone --- il mio prossimo --- sulla Terra, disponessero dei beni materiali, se fossero stimolati ad avere bisogni, come i 1000 milioni di nordamericani, europei, giapponesi (e perché non dovrebbero avere gli stessi bisogni e gli stessi beni?) le riserve di idrocarburi si svuoterebbero in pochi anni; la coltivazione intensiva delle terre ne comprometterebbe la fertilità, le acque che scorrono, sia pure abbondanti sui continenti finirebbero per essere contaminate irrimediabilmente.
Le ingiustizie nella distribuzione dei beni materiali sono fonte di violenza, e quella pace, opus iustitiae, come dice Isaia,. si può ottenere soltanto imponendo alla parte "ricca" dei terrestri dei limiti nel possesso e nei consumi per consentire alla parte "povera" di avere almeno un minimo di beni per una vita dignitosa. Sarà, come dice lei, la riproposizione in salsa naturalista-terzomondista della vecchia tesi marxista, ma, secondo me, c'è tanto di "Pacem in terris" e di "Populorum progressio", cioè c'è tanto di amore e di speranza.

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