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L'AIDS

Prof. Mario PAGLIALUNGA PARADISI
Dott.ssa Stefania PAGLIALUNGA PARADISI

28 febbraio 2003
L'AIDS (sindrome da immunodeficienza acquisita) rappresenta la manifestazione tardiva di un processo di progressiva compromissione della funzione immunitaria che permette a microrganismi normalmente benigni di proliferare con effetti letali nei soggetti colpiti da infezioni opportunistiche. Tale compromissione è conseguenza in primo luogo della continua diminuzione dei linfociti T4 (o Thelper) che rivestono un ruolo chiave per le difese immunitarie dell'organismo, provocata dal virus dell'immunodeficienza umana (HIV). Oltre ai linfociti T4, che inizialmente erano ritenuti l'unico bersaglio del virus, possono essere infettate altre cellule del sistema immunitario come macrofagi e lo si può anche trovare in cellule del sistema nervoso e dell'intestino e probabibilmente in cellule del midollo osseo.

La principale modalità di trasmissione del virus consiste nel rapporto sessuale, ma può essere anche trasmesso attraverso il sangue infetto (scambio di siringhe, trasfusioni). Infine si può avere trasmissione da una madre infetta al feto o al neonato.

L'infezione mostra, molto schematicamente, tre fasi distinte: la fase iniziale o fase acuta ha una durata da due a quattro settimane. Nel corso di essa il virus si replica massicciamente cosicché particelle virali libere si possono trovare nel liquido che circonda il cervello e nel midollo spinale oltre che nel circolo sanguigno dove può raggiungere livelli di concentrazioni elevati (fino a 10 milioni di particelle virali/ml). Questa prima fase di replicazione può essere accompagnata da febbri, esantemi, sintomi che ricordano l'influenza, e talvolta da disturbi neurologici.

La risposta immunitaria alla fase iniziale produce una brusca diminuzione della viremia plasmatica e porta ad un periodo di latenza (seconda fase) che dura in genere diversi anni. Tuttavia durante tale fase l'HIV continua a replicarsi ed a provocare un calo lento ma inesorabile dei linfociti T4. I linfociti T4 del sangue non rappresentano il sito principale di replicazione durante la fase cronica asintomatica dell'infezione. La replicazione dell'HIV avviene in gran parte nei tessuti linfoidi.

La perdita progressiva dei linfociti T4 porta infine alla fase finale dell'infezione caratterizzata da un complesso di sintomi clinici definito appunto come AIDS. In quest'ultima fase la replicazione del virus può assumere un andamento esplosivo. È da notare che il virus si comporta in maniera diversa secondo il tipo di cellula ospite ed il livello di attività che questa possiede. Nei linfociti T può rimanere quiescente per un tempo indefinito, indissolubilmente legato alla cellula ma nascosto al sistema immunitario della propria vittima. Tuttavia quando i linfociti vengono stimolati può distruggerli replicandosi in maniera esplosiva. In altre cellule del sistema immunitario per esempio nei macrofagi e nei loro precursori, i monociti, il virus continua a proliferare lentamente, risparmiando la cellula ma probabilmente alterandone la funzione.

Per la maggior parte dei pazienti il primo segno di compromissione del sistema immunitario è la comparsa di linfoadenopatia cronica, cioè gonfiore persistente dei linfonodi. Sintomi blandi sono rappresentati da perdita di peso, manifestazioni cutanee lievi, infezioni ricorrenti del tratto respiratorio superiore ed Herpes zoster. Manifestazioni di moderata gravità sono: perdita di peso > 10%, candidosi orale, TBC polmonare, febbre prolungata (> 1 mese) e diarrea inspiegabile, infezioni da Herpes simplex, infezioni batteriche serie, setticemia da Salmonella. L'AIDS conclamata è caratterizzata da infezioni opportunistiche che provocano una serie di stati patologici come polmonite, encefalite, diarrea persistente, cecità, infiammazione del tratto intestinale, setticemia ricorrente da salmonella, linfoma, sarcoma di Kaposi (tumori della cute e del rivestimento degli organi interni). Negli stati terminali dell'infezione molti pazienti accusano il cosidetto complesso demenziale da AIDS, una patologia caratterizzata da perdita graduale della precisione sia del pensiero che del movimento. Attualmente la lista delle patologie indicative dell'AIDS comprende 26 quadri clinici.

La comprensione del ciclo vitale dell'HIV è stato di fondamentale importanza per la messa a punto di strategie per combattere l'AIDS. La replicazione dell'HIV è un meccanismo complesso che passa attraverso diversi stadi. Il virus della immunodef cienza umana appartiene alla famiglia dei retrovirus. I retrovirus sono così chiamati perché invertono quello che veniva considerato il flusso normale dell'informazione genetica. Nelle cellule umane il materiale genetico é costituito da DNA; quando i geni sono espressi il DNA viene innanzitutto trascritto in RNA messaggero (m-RNA) e questo serve poi da stampo per la produzione delle proteine. L'informazione genetica nei retrovirus è invece contenuta nell'RNA che deve essere trasformata in DNA. Solo a questo punto si ha la trascrizione in m-RNA e poi la traduzione in proteina secondo la normale sequenza. Il ciclo di replicazione ha inizio quando una glicoproteina dell'involucro virale, la gp 120 si lega saldamente ad un'altra glicoproteina, la CD4 particolarmente abbondante sulla superficie dei linfociti T4 che perciò costituiscono il principale bersaglio dell'infezione da HIV.

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Il virus si fonde quindi con il linfocita introducendovi sia due filamenti identici di RNA virale che le proteine e gli enzimi del nucleocapside che saranno necessari nelle fasi successive del ciclo vitale del virus. Un enzima ha il compito di convertire l'informazione genetica virale in DNA. Si tratta di una DNA-polimerasi che innanzitutto sintetizza una copia di DNA a filamento singolo (DNA provirale) a partire dal RNA virale. Un enzima ad essa associato la ribonucleasi distrugge l'RNA di partenza; a questo punto la polimerasi sintetizza una seconda copia di DNA utilizzando la prima copia come stampo. La polimerasi e la ribonucleasi insieme costituiscono la trascrittasi inversa.

 

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L'informazione genetica virale, ormai sotto forma di DNA a duplice filamento (la stessa forma in cui la cellula contiene i propri geni) migra nel nucleo cellulare e viene integrato ad opera di un altro enzima virale, l'integrasi, nel DNA della cellula ospite. A questo punto l'infezione diventa permanente. In seguito il DNA provirale viene ritrascritto in RNA dalla RNA polimerasi II cellulare. Una parte di questo RNA è destinata a fornire il materiale genetico per dare origine ad una nuova generazione di virus, mentre altri filamenti di RNA funzionano da RNA messaggero, il quale ha lo scopo di far funzionare la macchina cellulare addetta alla produzione delle proteine strutturali e degli enzimi del nuovo virus. I virioni sono assemblati a partire da copie multiple di due differenti molecole proteiche presenti nel rapporto 20 a 1. La proteina più abbondante è il precursore dell'involucro che, nei virioni completi racchiude l'RNA e gli enzimi. L'altra proteina, più voluminosa, contiene le stesse componenti strutturali, ma comprende ulteriori segmenti che diventeranno enzimi virali. Le due proteine, via via che vengono prodotte, migrano alla periferia della cellula dove una molecola di grasso situata all'estremità di ciascuna di esse la fissa all'interno della membrana cellulare.

Aggregandosi questi precursori formano una protuberanza che sporge all'esterno e al disotto della membrana cellulare. A mano a mano che il virione prende forma due filamenti di RNA virale vengono racchiusi nel suo interno.

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Uno degli enzimi contenuti nel precursore proteico più lungo compie il passaggio finale della maturazione del virus. Si tratta di una proteasi (cioè di un enzima che scinde le proteine idrolizzando il legame peptidico CO-NH) che si stacca dalla catena proteica del precursore e libera poi altri enzimi ( la DNA-polimerasi, la ribonucleasi, l'integrasi, oltre ad altre molecole di proteasi) dalle molecole più lunghe di precursore. Divide quindi i precursori più corti e quello che rimane di quelli più lunghi in quattro segmenti ciascuno. Tre di essi collassano e formano una struttura a forma di cartuccia che racchiude l'RNA e gli enzimi mentre il quarto segmento rimane fissato all'interno della membrana della cellula.

Quindi il virione completo resta avvolto in un frammento di cellula ospite quando si stacca da essa per gemmazione e il suo rivestimento contiene l'elemento strutturale finale dell'HIV, cioè la proteina dell'involucro. Questa viene prodotta e trasportata alla superficie della cellula dalla cui membrana sporge un insieme di punte arrotondate indipendenti dalle proteine del nucleocapside.

Ogni punta in realtà un complesso di due o tre unità identiche che sono a loro volta formate da due componenti associate. Una glicoproteina (Gp 120) sporge all'esterno della cellula e quindi dall'involucro del virione una volta che si è staccato, l'altra, la glicoproteina gp 41, si inserisce come uno stelo nella membrana. Questi complessi glicoproteici sono di fondamentale importanza, come abbiamo già visto nel processo di propagazione del virus.

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La marcata riduzione del numero dei linfociti T4 osservata nei malati di AIDS, oltre al processo infettivo ora descritto, è causata anche e sopratutto da vari meccanismi di deplezione indotti indirettamente dall'HIV.

Nello schema semplificato del ciclo replicativo dell'HIV sono indicati i bersagli vulnerabili all'attacco dei farmaci.

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Quelli che finora hanno attratto le maggiori attenzioni sono la trascrittasi inversa e l'HIV proteasi. Sono stati studiati e continuano ad essere studiati numerosi composti come inibitori di tali sistemi enzimatici. A tuttt'oggi (2002) 15 farmaci sono stati specificatamente approvati per il trattamento delle infezioni da HIV. Sette sono analoghi nucleosidici della trascrittasi inversa fra cui c'é la zidovudina (AZT) il primo e forse il più famoso farmaco anti AIDS. Tre sono inibitori della trascrittasi inversa non nucleosidici. Cinque farmaci sono inibitori dell'HIV proteasi. I meccanismi con cui agiscono gli inibitori di questi due enzimi verranno descritti successivamente.

Le terapie anti AIDS preferite sono attualmente terapie combinate con tre farmaci. La monoterapia praticata all'inizio ha prodotto solo benefici transitori. I risultati più promettenti sono stati ottenuti con combinazioni a base di due analoghi nucleosidici inibitori della trascrittasi inversa e di un inibitore dell'HIV proteasi.

Anche se si sono avuti indiscussi successi nel rallentare la riproduzione del virus e quindi migliorare le condizioni di vita del paziente, per minimizzare la replicazione residua del virus nel sistema nervoso centrale e ridurre quindi l'incidenza della demenza da AIDS, qualsiasi terapia antiretrovirale dovrebbe includere almeno un farmaco in grado di oltrepassare la barriera ematoencefalica.

In una elevata percentuale di casi si é ottenuto un abbassamento prolungato nel tempo dei livelli di RNA virale nel plasma al disotto della soglia di rivelabilità dei tests commerciali attualmente disponibili (200-500 copie/ml di RNA). I risultati di tali studi hanno modificato profondamente le convinzioni dei medici circa i trattamenti da prescrivere. La soppressione della replicazione virale al più basso livello possibile potrebbe non solo ridurre le complicazioni dell'infezione ma anche prevenire o almeno ritardare lo sviluppo della resistenza. La possibilità di una completa eradicazione del virus è ancora oggetto di discussione e costituisce un attivo settore di ricerca.

Per quanto concerne i tempi dell'intervento terapeutico, le raccomandazioni attuali sono che la terapia dovrebbe essere presa in considerazione per tutti i soggetti sieropositivi con un numero di cellule CD4+ inferiore a 350/mm3 o con concentrazioni di HIV RNA plasmatico superiori a 55.000 copie/ml, indipendentemente dalla presenza dei sintomi.

Prima di iniziare il regime a tre farmaci è necessaria una dettagliata discussione con il paziente per assicurarsi della sua volontà di intraprendere un regime complesso e potenzialmente tossico. Ciò è particolarmente importante nei soggetti asintomatici nelle fasi precoci della malattia, dal momento che il mantenimento del regime terapeutico per lungo tempo costituisce il principale problema. Una aderenza non stretta al regime terapeutico può portare ad una rapida ripopolazione del virus ed allo sviluppo di ceppi resistenti. Nel caso di fallimento del regime iniziale, vanno sostituiti tutti i farmaci della combinazione con altri non ancora assunti.

Come detto precedentemente i farmaci approvati per il trattamento delle infezioni da HIV sono inibitori della trascrittasi inversa ed inibitori dell'HIV proteasi. Per quanto riguarda gli analoghi nucleosidici inibitori della trascrittasi inversa, questi derivati sono didesossi nucleosidi ed agiscono da inibitori e da substrati dell'enzima a seguito di una attivazione fosforilativa. Come si può notare (Schema 1) esaminando la struttura del derivato nucleosidico AZT, primo farmaco approvato per il trattamento delle infezioni da HIV, lo zucchero legato alla base azotata timina è privo dell'ossidrile (OH) in posizione 3', essenziale per la costruzione della catena polinucleotidica del DNA. L'AZT trifosfato è un analogo della desossitimidina trifosfato (dTTP) e oltre ad inibire competitivamente la trascrittasi inversa è in grado di incorporarsi nella catena del DNA provirale in formazione al posto della dTTP, provocando un arresto della crescita della catena.

Schemi di strutture molecolari:

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Alcune statistiche:

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