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L'OSSESSIONE DI ELIMINARE IL SINTOMO.
L'ESPLOSIONE DEI FARMACI AGGRESSIVI:
VERRÀ UN GIORNO LA PAURA DI CURARSI?

Prof. Michele CAMPANELLI

21 marzo 2003
Lo stato attuale delle conoscenze sui fattori somatici e psicologici che intervengono nella regolazione del comportamento e nelle sue alterazioni, consente e rende anzi necessario, un approccio clinico integrato ad una serie di disturbi emotivi e comportamentali di vastissima diffusione.
Il Prof. Campanelli, con altre parole, ha richiamato l'attenzione sul presupposto che il sintomo è un mezzo con cui una persona conquista una posizione di vantaggio nelle sue relazioni. Se vogliamo eliminare il sintomo occorre creare un contesto in cui il sintomo diventa un elemento di svantaggio. Occorre perciò prescrivere una corvée affinché la persona che mantiene il sintomo non ne ricavi più quella gratificazione che finisce per causare più disagio del problema originario.
Infatti, sembra che non vi sia fine al numero di diete che si inventano e si rivendicano, per assicurare calo di peso e miglioramento della salute. Un tema che spesso ricorre tra queste diete è l'idea della combinazione particolare di cibo in cui, invece di combinare i principi nutritivi principali (carboidrati, grassi e proteine), il nocciolo sta nel dissociarli ed evitare il consumo simultaneo. Quest' idea (o mito) venne diffusa negli anni Trenta dalla Hay Diet, ma ha riconquistato popolarità negli ultimi anni, ed ha accumulato un crescente insieme di credenziali riguardo ai potenziali benefici.
Al di là di una disquisizione su come queste diete potrebbero lavorare dal punto di vista nutrizionale, non è mai stata svolta alcuna sperimentazione che attestasse l'attendibilità di questo mito, almeno finora.
Nell'ultimo fascicolo della rivista specializzata Jour­nal ofObesity, il gruppo del dottor Alain Golay, dell'Uni­versità di Ginevra, ha svolto per sei mesi un esperimen­to in cui sono stati messi a confronto gli effetti sulla perdita di peso. Sono stati coinvolti 54 pazienti obesi, che sono stati nutriti con una dieta ipocalorica (1100 Kcal al giorno), programmata in modo da assumere approssima­tivam ente il 45% dell'energia sotto forma di carboidrati e il 30% di grassi. La metà dei soggetti ha mangiato una dieta normale (con una composizione nutritiva bilancia­ta), e l'altra metà una dieta combinata (separando l'assunzione di grassi dai carboidrati).
Questi ultimi soggetti hanno mostrato la tendenza a mangiare leggermente meno grassi (25%) di quelli sottoposti alla dieta normale bilanciata (31%). Ci si sarebbe dovuti aspettare, inoltre, che questa differenza, sebbene non molto significativa, insieme ai benefici rivendicati della combinazione di cibo, portasse ad una maggiore perdita di peso nei soggetti sottoposti alla dieta dissociata, ma non è stato così. Il gruppo sottoposto ad una dieta normale ha infatti mostrato la tendenza a perdere più peso (7,5 kg) rispetto agli altri (6,2 kg).
Questo significa che il calo di peso è indipendente dalla distribuzione nutritiva all'interno dei pasti, ed è messa in relazione semplicemente al grado di restrizione di cibo, che nei due gruppi era identico. Inoltre, entram­bi i gruppi hanno mostrato una diminuzione identica nei livelli del grasso del corpo e di glucosio, colesterolo, trigliceridi e insulina nel plasma. Questo sta ad indicare che i benefici conosciuti legati alla salute sono gli stessi per entrambe le diete, indipendentemente dal tipo di assunzione di grasso e carboidrati.
I soggetti di questo studio hanno seguito un program­ma di dieta fissato e sotto controllo. Per il momento non è possibile supporre che sia più o meno facile ridurre cibo in una situazione in cui la dieta combinata avvenga in uno stato di free-range. Nonostante ciò, questo studio ha smentito l'idea che separando l'ingestione dei princi­pi nutritivi di per se favorisca il calo di peso o sia più salutare. La cosa più sorprendente, comunque, è che ci siano voluti più di 70 anni prima che qualcuno si sia messo a sperimentare le rivendicazioni dei benefici avanzati per la prima volta di Hay Diet secondo la quale "Combinare gli alimenti" non a nulla a che vedere con il concetto del combinare le proteine.

VERRÀ UN GIORNO LA PAURA DI CURARSI?
DESCRIZIONE DEI MEDIATORI NEUROENDOCRINI

Il disturbo del comportamento alimentare più studiato dal punto di vista neuroendocrino è l'anoressia, caratterizzata clinicamente dalla perdita di peso e dall'amenorrea. Nel periodo di perdita di peso, in particolare, sono state individuate numerose anormalità neuroendocrine, la principale delle quali è l'ipercortisolismo da attivazione dell'asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene. Sono presenti inoltre ipogonadismo ipotalamico, anormalità dell'asse Ormone della crescita- Somatomedina C e anormalità della secrezione dell'Arginina Vasopressina.
La secrezione circadiana dell'ACTH e del cortisolo è caratterizzata da circa sette-dieci episodi pulsatili, maggiormente concentrati nelle prime ore del mattino. Oltre al ritmo circadiano l'asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene è sotto l'influenza di eventi stressanti, di influenze inibitorie di origine nervosa e di varie altre influenze a feedback negativo. In particolare, come abbiamo già visto, la secrezione del CRH ipotalamico è sotto l'influenza di vari neurotrasmettitori; ma anche i glucocorticoidi secreti dal surrene, esercitano la loro influenza, con feedback negativo sulla secrezione delll'ACTH ipofisario e del CRH ipotalamico. Nella fase di perdita di peso dell'anoressia nervosa, sebbene il ritmo circadiano di secrezione del cortisolo sia conservato, si ha un discreto ipercotisolismo, con livelli di cortisolo urinario libero paragonabili a quello di soggetti con depressione o con morbodi Cushing di media gravità. I soggetti anoressici hanno, inoltre, in risposta alla somministrazione di ACTH esogeno, un aumento della secrezione di cortisolo plasmatico al di sopra della norma e non rispondono al test di soppressione dell'ACTH con il desametasone.
Sono stati proposti numerosi modelli per spiegare l'ipercortisolismo dell'anoressia nervosa, come la diminuita clearance del cortisolo, l'aumentata affinità per la globulina legante il cortisolo e la diminuzione della concentrazione dei recettori per il cortisolo. Tuttavia è stata notato che alla somministrazione di CRH esogeno si ha una diminuita elevazione dei livelli dell'ACTH, nonostante la concomitante accentuata risposta surrenalica.
Questi dati suggeriscono una aumentata risposta del surrene a quote minori di ACTH, probabilmente legata ad una maggiore sensibilità della corteccia surrenalica, resa ipertrofica dallo stress cronico del digiuno. Nei pazienti anoressici studiati a tre-quattro settimane dal recupero del peso corporeo, l'ipercortisolismo è risolto, ma lo stimolo del CRH da sempre una risposta deficitaria dell'ACTH; in pazienti studiati, invece, dopo mesi o anni dalla soluzione dell'ipercortisolismo, l'ACTH basale e dopo stimolo con CRH, come il cortisolo basale, risultano essere nella norma.
Questi dati, quindi, sembrerebbero confermare l'ipotesi che l'iperattivtà surrenalica sia una conseguenza del digiuno e non una caratteristica intrinseca della malattia.
D'altra parte gli elevati livelli di CRH endogeno potrebbero essere legati non solo allo stress della malnutrizione, ma anche alla presenza di sintomi depressivi; infatti nei pazienti depressi si hanno quadri neuroendocrini sovrapponibili a quelli degli anoressici ed alcuni sintomi in comune come l'anoressia, la diminuita libido, l'ipogonadismo ipotalamico.
Le conseguenze dell'ipersecrezione di CRH non sono state ben chiarite nell'uomo; si è visto, però, in modelli sperimentali animali, che la somministrazione centrale di CRH, induce oltre alla attivazione dell'asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene, anche una serie complessa di risposte fisiologiche e comportamentali di adattamento a situazioni di stress, che richiamano strettamente ai sintomi clinici dell'anoressia nervosa, come l'attivazione motoria,l'anoressia, la diminuzione della libido, l'ipogonadismo ipotalamico e una serie di comportamenti che suggeriscono ansietà.
Un altro importante sintomo nella anoressia nervosa è l'amenorrea, che può essere spiegata sia dalle carenze nutrizionali che dalla attivazione dell'asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene, ma questi aspetti non chiariscono del tutto il problema. Si è visto, infatti, che la maggior parte delle anoressiche diventano amenorroiche prima di subire una significativa perdita di peso e anche quando lo recuperano non sempre tornano ad avere le mestruazioni.
Il quadro ormonale delle anoressiche è caratterizzato dalla riduzione del livello plasmatico delle gonadotropine ipofisarie, LH (ormone luteinizzante) ed FSH (ormone follicolo- stimolante), sia basale che dopo stimolazione con GnRH (ormone liberante le gonadotropine), con bassi livelli di estradiolo non fluttuanti. Il rapporto LH/FSH è invertito e di tipo prepubere. È, perciò, stata ipotizzata a questo proposito anche l'influenza della melatonina, ormone prodotto dall'epifisi. La melatonina svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo puberale, inibendo l'asse Ipotalamo-Ipofisi-Gonadi fino al momento della "crisi puberale", dove una sua progressiva diminuzione libererebbe dalla influenza inibitoria i nuclei ipotalamici e quindi l'ipofisi, con aumento dei livelli circolanti delle gonadotropine.
Nelle pazienti anoressiche l'amenorrea potrebbe quindi essere dovuta ai livelli elevati di melatonina. Potrebbe, infatti, essere lo stress psichico e fisico a cui sono sottoposte queste pazienti, a causare una elevazione dei livelli circolanti di diverse sostanze antistress, tra cui appunto non solo il CRH, con attivazione dell'asse Ipotalamo-Ipofisi-Surrene, ma anche la melatonina,con riduzione quindi, non solo dell'appetito, ma anche della produzione del GnRH, delle gonadotropine e infine alterazioni del ciclo mestruale.
L'ipotiroidismo di queste pazienti, conseguente alla malnutrizione, spiega altri sintomi clinici quali la bradicardia, la cute secca, la perdita di capelli, l'ipotermia. Nei soggetti bulimici si può presupporre un coinvolgimento del sistema neuroendocrino, poichè i dati sperimentali sono scarsi, soprattutto per quelle pazienti che hanno avuto in precedenza una storia di anoressia nervosa; ma, sebbene i livelli del cortisolo plasmatico siano più alti che nei controlli, il cortisolo urinario, l'ACTH basale e dopo stimolo con CRH, sono nella norma. Recentemente si è visto che in pazienti bulimiche sottoposte a stimolo con GnRH, il profilo degli ormoni ipofisari LHed FSH è nella norma, mentre la curva del TSH (ormone stimolante la tiroide) in risposta allo stimolo con TRH (ormone liberante il TSH) risulta esagerata e ritardata come da ipotiroidismo secondario.
Quest'ultimo dato sembrerebbe suggestivo di una compromissione ipotalamica anche per le bulimiche. È interessante il dato che in pazienti psicotiche con disturbi del comportamento alimentare, nonostante la denutrizione e l'amenorrea, i profili ormonali rientrano nella norma, tranne che per i parametri legati alla grave denutrizione.
Esistono, oltre ai maggiori e più conosciuti disturbi del comportamento alimentare, dei quadri sindromici caratterizzati da una peculiare sensibilità cronobiologica del disturbo alimentare, di tipo prevalentemente bulimico, associati con disturbi del tono dell'umore. Vengono distinti in gruppi diversi rispetto alle pri ncipali caratteristiche cliniche, anche se tendono frequentemente alla sovrapposizione degli elementi clinici.
La "Carbohydrate Craving Obesity" (CCO) degli autori anglosassoni, è contraddistinta, da massiccia e selettiva assunzione (craving) di carboidrati (pane, pasta, dolci...), con modalità di tipo compulsivo e accentuazione del disturbo del comportamento alimentare nella seconda parte della giornata, associata a disturbi affettivi di tipo depressivo.
Nella cosidetta "Sindrome Premestruale" o "Disturbo Disforico della Tarda Fase Luteinica" (DDLLF), oltre ai disturbi affettivi, cenestopatici e comportamentali tipici di questa sindrome, è presente anche il "craving" per i carboidrati, al quale segue in genere un miglioramento del tono dell'umore.
Il "Disturbo Affettivo Stagionale" (SAD) è caratterizzato da una ritmicità circa annuale, la cui sintomatologia è inversamente correlata con la durata giornaliera del fotoperiodo. Oltre alla tipica ritmicità, l'elemento sintomatologico principale del SAD è la depressione ,con caratteristiche atipiche, come malumore ed irritabilità; scompare la tipica polarità mattutina della depressione psicotica, mentre il disturbo tende ad accentuarsi nel pomeriggio e nella serata, con sensazione di stanchezzza, astenia, sonno aumentato e difficoltà di risveglio. Completa la sindrome il "craving" dei carboidrati, che anche in questo caso sortisce nel soggetto un effetto prevalentemente positivo sul tono dell'umore. L'allungamento del fotoperiodo durante i mesi primaverili ed estivi, comporta un miglioramento sia del tono dell'umore che del disturbo del comportamento alimentare.
Dal punto di vista patogenetico, poichè esiste una stretta correlazione tra incidenza e gravità del SAD e fotoperiodo, è stata ipotizzata una modificazione della secrezione circadiana dell'ormone epifisario melatonina, in grado di spiegare,soprattutto, la sintomatologia disforico-depressiva. Infatti, nei mammiferi la produzione di melatonina è inversamente correlata con la durata della luce ambientale, per cui la melatonina è prevalentemente secreta durante la notte.
Quindi l'ipotesi attualmente più accreditata riconosce in una alterazione del ritmo circadiano della melatonina, con estensione del suo picco notturno a parte del giorno successivo, il ruolo patogenetico o perlomeno il correlato biologico più probabile al quadro sintomatologico del SAD.
Per tutti questi quadri sindromici esistono una serie di evidenze cliniche (disturbo dell'umore e dell'emotività), sperimentali (livelli liquorali di serotonina, risposte endocrine allo stimolo con agenti serotoninergici) e farmacologiche (efficacia terapeutica di farmaci che potenziano la trasmissione serotoninergica), che indicano nella difettosa regolazione della trasmissione serotoninergica l'ipotesi patogenetica più probabile.
Il sistema serotoninergico svolge un ruolo fondamentale nella modulazione del comportamento alimentare, sessuale, nella regolazione della temperatura corporea e del tono dell'umore; è quindi plausibile che una disregolazione a questo livello conduca ad una modificazione di questi aspetti relazionali dell'individuo rispetto all'ambiente. Inoltre, sia il disturbo che la sintomatologia, sono tipici del sesso femminile, mentre, invece, nel sesso maschile la disregolazione serotoninergica comporterebbe una diverso e più ampio range di distribuzione dei disturbi comportamentali e affettivi.
Esiste un modello interpretativo che mette in relazione l'effetto positivo della massiccia assunzione dei carboidrati sul tono dell'umore e sugli altri sintomi del SAD e sindromi correlate, con la disregolazione del sistema serotoninergico. Secondo questo modello l'assunzione dei carboidrati porta ad una aumentata produzione di insulina, la quale favorisce, attraverso una aumentata disponibilità di triptofano plsmatico ( precursore, a livello del SNC, della serotonina), il passaggio di questo aminoacido attraverso la barriera emato- encefalica. Questa aumentata disponibilità di triptofano, porta ad una aumentata sintesi di serotonina. La maggiore disponibilità di questo neuro-mediatore a livello del SNC e, in particolare, dei centri ipotalamici, compenserebbe l'alterato tono serotoninergico, portando ad una normalizzazione i disturbi della sfera emotiva ed affettiva. Ma dall'esplosione dei farmaci aggressivi: verrà un giorno la paura di curarsi?

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