In evidenza: Prima Messa Don Nicola

                     Orario messe

                     Un po' di colore

                     Incontri con padre Armando

                     Comunione Malati

                     Lettera del Parroco

  ordinazione2.jpg

 don_nicola.jpg                    

 

Per seguire gli incontri di Padre Armando

on line http://meet.jit.si/S.Mattia-Talenti

 credo.jpeg  a1.jpg

 

_DSC0204.JPG

 

 

 

Chi è online

Abbiamo 2 visitatori e nessun utente online

  • chiesamodificata.jpeg 
  • sacrestia2corretto.jpg
  • ringhiere3modificata.jpg
  • chiesadinotte2.jpeg 
  • oratorio7modificato.jpg
  • pittura12.jpg
  • crocifissoemadonnamodificata.jpeg 
  • sanfrancescomodificato.jpg 
  • via_crucismodificata.jpeg 
  • ufficioparrocchiale2modificato.jpeg.jpg
  • a2.jpg 
  • ufficioparrocchialemodificato.jpeg.jpg 
  • bibliotecamodificata.jpg
  • nuoveluciesternemodificata.jpg
  • chiesafuori4modificata.jpg
  • cappellinadentromodificata.jpeg 
  • cappellina3modificata.jpeg 

 L'IMPEGNO POLITICO DEI CATTOLICI
IN ITALIA DAL NON EXPEDIT
AI GIORNI NOSTRI.
I CATTOLICI DALL'UNITÀ D'ITALIA
AL "PATTO GENTILONI": ESULI IN PATRIA ?

Dott. Benedetto COCCIA

11 ottobre 2002
La presa di Roma provocò necessariamente una riorganizzazione del mondo cattolico italiano. Dopo il 1870 gli intransigenti hanno il sopravvento; non bisogna dimenticare i cattolici moderati, che differivano dagli intransigenti perché sostenevano la necessità di aderire allo stato unitario e non accettavano la formula astensionista di Don Margotti "né eletti né elettori".
Comunque i cattolici intransigenti si estraniano dalla vita pubblica. All'inizio, in mancanza di precise istruzioni, questo estraniarsi è istintivo; e prima ancora che fosse varata la formula del non expedit i cattolici, difronte ad una situazione particolarmente confusa, avevano scelto l'atteggiamento dell'astensione.
Il non expedit nacque nel marzo del 1871, quando la penitenzieria del Vaticano, rispondendo alla domanda "se nelle circostanze attuali, ed in vista di tutto ciò che si sta consumando in Italia a danno della chiesa, sia espediente concorrere alle politiche elezioni",- rispose: "non expedire". Ma l'ufficialità si ebbe nel 1874, quando lo stesso Pio IX si espresse, affermando che per un cattolico non era lecito andare a sedere a Montecitorio.
Si tenga presente, però, che già nel 1861 Don Giacomo Margotti, (fondatore nel 1863 de "L'unità cattolica", battagliero giornale intransigente), aveva coniato la formula "né eletti né elettori" in un articolo apparso l'8 gennaio 1861, destinato a diventare il manifesto dell'astensionismo elettorale dei cattolici, prima ancora della sanzione ufficiale della S. Sede. Due mesi dopo la presa di Roma, alle elezioni politiche generali si astenne la totalità dei cattolici; la percentuale dei votanti fu infatti il 45,5% degli elettori iscritti.
Tuttavia il divieto di Pio IX si riferiva alle sole elezioni politiche, mentre a quelle amministrative, i cattolici avrebbero potuto partecipare; anzi si verificò in qualche centro la necessità di dover incitare i cattolici, anche con la stampa, a partecipare alle elezioni amministrative; e la stampa cattolica dovette dimostrare che la partecipazione di cattolici (candidati ed elettori) alle elezioni comunali e provinciali non significava necessariamente adesione all'ordine nuovo portato dai liberali. In questo periodo (1870 –1875) i contrasti tra la stampa liberale e quella cattolica intransigente sono particolarmente aspri. I cattolici intransigenti erano accusati di "attentare alla sicurezza della patria, di attizzare la guerra civile e di invocare l'intervento straniero".
Al fine di attenuare tale contrasto, intervenne lo stesso Leone XIII riproponendo una formula "preparazione nell'astensione" che era stata lanciata dal giornale "Il cittadino di Brescia", in occasione delle elezioni del maggio 1880. Intanto, in seguito a due congressi nazionali dei cattolici italiani, il primo a Venezia nel 1874, il secondo a Firenze nel 1875 si pongono le basi dell'Opera dei Congressi, organismo permanente impiantato secondo lo schema dell'organizzazione ecclesiastica, con comitati parrocchiali e diocesani (Sull'Opera dei Congressi cfr., G. De Rosa, Storia politica dell'azione cattolica in Italia. L'Opera dei congressi (1874-1904), Bari, Laterza, 1953; G. De Rosa, Il movimento cattolico in Italia dalla restaurazione all'età giolittiana, Bari, Laterza, 1976; E. Vercesi, Il movimento cattolico in Italia (1870-1922), Firenze, casa editrice "La voce", 1923; G. Candeloro, Il movimento cattolico in Italia, Roma, editori Riuniti, 1972).
Ad ogni modo a dar coscienza ai cattolici contribuì molto l'opera di Leone XIII e, in particolare l'enciclica Rerum novarum pubblicata nel 1891.
Dal 1° gennaio esce a Roma "Cultura sociale" rivista fondata e diretta dal giovane sacerdote Romolo Murri. Questa rivista doveva assumere grande importanza negli anni a venire, divenendo il principale organo del movimento democratico cristiano. Nella dichiarazione programmatica i redattori si dicevano "cattolici integralmente, cattolici col Papa e con la grande maggioranza dei cattolici italiani".Tra i collaboratori anche Filippo Meda.
Alla vigilia dei moti del 1898 i cattolici si ritrovano con una buona organizzazione, chiarezza d'idee e una coscienza sociale moderna. A questi risultati aveva condotto l'Opera dei Congressi, sebbene, come abbiamo detto, la stessa organizzazione potesse considerarsi, per certi versi, superata. La seconda sezione dell'Opera, presieduta prima dal Conte Medolago Albano e dal 1890 da Giuseppe Toniolo è organismo vivo. Nel frattempo all'interno dell'Opera dei Congressi, che accentua il suo carattere di rigida organizzazione, una sezione è validamente funzionante, ed è quella della carità e dell'economia cattolica. Cfr., A.Gambasin, Il movimento sociale nell'Opera dei Congressi (1874-1904), Contributo per la storia del cattolicesimo sociale in Italia, Roma, Università Gregoriana, 1958; G. Are, I cattolici e la questione sociale in Italia (1894-1904), Milano, Feltrinelli, 1963.
«Il congresso è cattolico e non altro che cattolico», «non è liberale, non è tirannico, non è d'altra qualità». Il suo scopo «è di riunire in generali adunanze i delegati e i membri delle società cattoliche italiane». Il 12 giugno del 1974 con il proclama di Vito D'Ondes Reggio, si apriva a Venezia la storia dell'Opera dei congressi. I primi "Stati generali" dei cattolici italiani, preparati per quattro anni all'indomani della breccia di porta Pia, ma sopratutto la prima «intransigente» manifestazione del laicato cattolico ottocentesco, trasformati ben presto in un "Comitato permanente".
Furono i primi trent'anni di vita sociale e religiosa dei cattolici nello Stato unitario accomunati - tranne alcune espressioni minoritarie - nell'opposizione frontale al Regno sabaudo e al liberalismo della nuova classe dirigente. Vicenda tormentata nel cuore del Risorgimento che Marco Invernizzi ha riportato all'attenzione delle stampe con il volume: "I cattolici contro l'unità d'Italia? L'Opera dei Congressi" «È il periodo in cui nacquero le banche (Giuseppe Tovini fonda il Banco ambrosiano, il San Paolo di Brescia), si aprirono le casse rurali, si inventarono inedite forme di protezione sociale, ma sopratutto si costituirono attorno alla parrocchia spazi di vita reale alternativi a quelli proposti dalle istituzioni statali. Si volle creare una società autonoma e indipendente prescindendo dallo Stato. Molto importanti diventarono in questo contesto le elezioni amministrative a cui, nonostante il non expedit, i cattolici potevano partecipare. L'obiettivo era di riconquistare dal di dentro la società».

I moti del 1898 furono la causa per una repressione governativa che si abbattè su due grossi filoni popolari: cattolici e socialisti. Per quanto riguarda i cattolici, il governo tentò di screditarli additandoli come sobillatori ed antitaliani, ma non solo, molti giornali cattolici che avevano scritto articoli roventi contro lo stato delle cose sono soppressi, tra questi "L'Osservatore cattolico", si arrestano giornalisti e si deportano da una città all'altra, si devastano con perquisizioni e poi si sopprimono centinaia di associazioni cattoliche in tutta Italia. Di fronte a tali avvenimenti intervenne Leone XIII che volle esprimere tutta la sua solidarietà inviando una pubblica lode ai due giornalisti più importanti: Sacchetti, direttore dell'"Unità cattolica" e Don Albertario "direttore de L'"Osservatore cattolico".
Concluso il momento della repressione, inizia un nuovo processo che condurrà i cattolici all'ingresso nella vita politica. Si intravede ormai la possibilità che le organizzazioni cattoliche cooperino con i liberali più illuminati per imprimere un nuovo corso alla vita pubblica. Insomma all'indomani della repressione si scoprono i cattolici. Essi sono ancora visti come "clericali", ma si comincia a guardarli con rispetto. A determinare questo mutamento valse il consolidarsi, sia tra i cattolici intransigenti che conciliatoristi, delle preoccupazioni di carattere sociale. L'occasione di rottura fu data dall'atteggiamento dei cattolici durante i fasci siciliani e le sommosse che culminarono nel 1898; ma bisogna riconoscere che ad imprimere la spinta vitale era stato Leone XIII ed uomini come Giuseppe Toniolo, alla cui attività si deve la propagazione capillare dell'insegnamento sociale, soprattutto attraverso i periodici che cominciano ad apparire proprio dalla fine del 1898 ai primi del '900.
«Decisivi furono i moti del '98 a Milano per il rincaro del prezzo del pane. Gli scontri, è accertato, non furono organizzati dai socialisti, ma di fatto si confrontavano le forze che cercavano ancora di costruire lo Stato senza i movimenti di massa; il coinvolgimento di socialisti e cattolici nei moti di piazza fece temere però un possibile accordo fra le due principali organizzazioni popolari. I liberali compresero che non potevano più governare da soli, mentre la Santa Sede maturò la convinzione che la "questione sociale" era divenuta più importante della "questione romana". Nell'enciclica Fermo proposito del 1905 Pio X avrebbe precisato che "c'è un bene comune maggiore da salvaguardare che è la pace sociale". Un pericolo maggiore di quello rappresentato dal liberalismo al governo, per cui si iniziò a valutare la prospettiva degli accordi elettorali con i liberali moderati in funzione antisocialista. Specularmente i giovani della democrazia cristiana si dicevano disposti ad allearsi con i socialisti in funzione antiliberale. Una spaccatura fra clerico moderati e democratico cristiani che sarebbe diventato una costante del movimento cattolico italiano».
Sull'argomento Cfr. P. Scoppola, Dal neoguelfismo alla democrazia cristiana, Roma, Studium, 1963; P. Scoppola, Crisi modernista e rinnovamento cattolico italiano, Bologna, Il Mulino, 1961; A. C. Jemolo, Chiesa e stato in Italia dall'unificazione ai giorni nostri, Torino, Piccola biblioteca Einaudi, 1977; G. Candeloro, Il movimento cattolico in Italia, cit.; L. Ambrosoli, Il primo movimento democratico cristiano in Italia (1897-1904), Roma, Cinquelune, 1958; G. Marcucci Fanello, Romolo Murri, in Storia e politica, fasc. II, aprile-giugno 1970; L. Bedeschi, I cattolici disubbidienti, Roma, Napoli, Vito Bianco editore, 1959; G. Spadolini, Murri, in Gli uomini che fecero l'Italia. Il Novecento, Milano, Longanesi, 1972.«Fu l'assunzione di consapevolezza dei cattolici che ormai era finita la societas cristiana e l'alleanza fra Chiesa e Stato, un'alleanza difficile, per alcuni aspetti controproducente, ma che aveva informato gli Stati preunitari. La Chiesa si rese conto di essere diventata una parte fra le altre con uno Stato nelle migliori delle ipotesi neutrale, se non ostile. Da questo nacque la necessità di una organizzazione capace di agire nella società per fermare il processo di scristianizzazione. Il risultato fu una rete sociale che spiega la forte religiosità presente ancora oggi nella società italiana».
Nel corso degli anni il peso dei cattolici nella vita nazionale era gradualmente ma costantemente cresciuto. Si è già accennato che il non expedit era stato sempre limitato alle elezioni politiche, mentre si era incoraggiata la partecipazione dei cattolici alle elezioni amministrative. Ed è proprio nelle elezioni amministrative che si erano sperimentati i primi accordi fra cattolici e moderati culminanti poi, nel 1913, nel Patto Gentiloni (Sul Patto Gentiloni Cfr. G. Dalla Torre, I cattolici e la vita pubblica italiana, Città del Vaticano, 1944; F. Meda, Pio X e la vita politica italiana, in Vita e pensiero, giugno 1935; L. Sturzo, Il partito popolare italiano, Bologna, Zanichelli, 1956, vol. I; G. De Rosa, "Il movimento cattolico in Italia dalla restaurazione all'età giolittiana"), che sancì l'inizio ufficiale della partecipazione dei cattolici alla vita politica dello stato. Secondo Filippo Meda i cattolici avrebbero dovuto salvare lo stato, essendo organo necessario alla vita sociale. Compito dei cattolici immessi nella vita pubblica era di infondere uno spirito nuovo. Quasi tutta la stampa cattolica si avvia verso le posizioni di Meda e si fa portavoce delle nuove linee politiche del mondo cattolico italiano.

Torna alla Pagina "Conferenze"